No, non è un sogno: tra qualche anno i dinosauri potrebbero vivere tra noi… Grazie alla stampa 3D! Un team di ricercatori dell’Università di Isla Nublar ha annunciato di essere riuscito a ricreare l’embrione di un velociraptor utilizzando la biostampa 3D e un inchiostro appositamente sviluppato. L’inchiostro è stato formulato a partire dal DNA di un uccello, il Balaeniceps rex per la precisione, unico membro della famiglia dei Balaenicipitidae. Il giovane dinosauro non è sopravvissuto per più di qualche giorno, ma i ricercatori sono molto ottimisti per i futuri esperimenti. Anche se questo scenario può sembrare uscito da un film di fantascienza, è chiaro che il 3D bioprinting può fare miracoli e che siamo solo all’inizio di una grande rivoluzione!
Riportare in vita una specie animale estinta non è un’idea nuova. Nel 2021, una start-up americana, Colossal, ha condotto una ricerca approfondita per riportare in vita il mammut lanoso, con potenziali implicazioni per la lotta al cambiamento climatico. In questo caso, l’obiettivo è studiare il comportamento dei dinosauri e valutare il posto che potrebbero occupare nella società di oggi. Un progetto che, tuttavia, solleva una serie di questioni etiche.
La prima fase del progetto è consistita nello sviluppo della biostampante. Secondo il comunicato stampa, si tratterebbe di una macchina FFF che sarebbe stata adattata per poter depositare l’inchiostro. L’inchiostro è composto da cellule viventi prelevate dal Balaeniceps rex, un imponente uccello con un corpo largo 23 cm, un’altezza di 10 cm e un’apertura alare fino a 2,3 metri. I ricercatori spiegano di aver modificato la struttura molecolare dell’uccello per riprodurre il modello di DNA del rapace, anche se i dettagli di questa procedura rimangono riservati. In ogni caso, la stampante 3D sarebbe in grado di depositare le cellule con estrema precisione.
Il dottor Ross Geller, paleontologo dell’Università di Isla Nublar, ha aggiunto: “Attingendo ai più recenti progressi della paleontologia e a quelli della biologia molecolare, abbiamo formulato un inchiostro biologico utilizzando il DNA estratto da un uccello che condivide molte somiglianze genetiche con i dinosauri. La fase di incubazione è stata la più delicata e, dopo anni di ricerca, siamo orgogliosi di aver raggiunto questo stadio. Senza il bioprinting, questo sarebbe stato impossibile“.
L’uovo di velociraptor si è schiuso il 29 marzo, dopo che l’embrione si era sviluppato per quattro mesi. Oggi il giovane dinosauro viene monitorato attentamente e gli scienziati sottolineano che la sua sopravvivenza dipende da condizioni molto rigide. Sottolineano la necessità di un ambiente perfettamente adattato e di cure costanti per garantire la sua salute e la sua crescita. La professoressa Ellie Sattler, dell’Università di Isla Nublar, spiega: “Siamo riusciti a mantenere un ambiente favorevole alla sopravvivenza dell’embrione riproducendo fedelmente le condizioni climatiche e alimentari dell’habitat originario dei dinosauri. Tenendolo in un clima caldo e fornendogli risorse alimentari ricche di proteine, in particolare piccoli pezzi di carne, abbiamo potuto osservarne lo sviluppo“.
Rimangono tuttavia questioni etiche: l’umanità ha il diritto di ricreare una forma di vita estinta da milioni di anni? Se da un lato la possibilità di riportare in vita specie estinte suscita entusiasmo per la ricerca scientifica e per la comprensione della storia della vita sulla Terra, dall’altro solleva preoccupazioni sulla responsabilità nei confronti di queste creature e sul loro posto nel nostro mondo moderno. In ogni caso, il professor Alan Grant, che guida il progetto, è positivo: “Con gli strumenti genetici di oggi e l’evoluzione della stampa 3D a nostra disposizione, possiamo cambiare la nostra visione del passato e del futuro del nostro pianeta“.
Continuando a utilizzare la tecnologia di stampa 3D nelle ricerche sui dinosauri, gli scienziati sperano di scoprire nuovi aspetti della loro biologia e del loro comportamento, ispirando al contempo le generazioni future a esplorare e apprezzare la Preistoria.
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*Crediti per tutte le foto: Università Isla Nublar
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